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Calciferolo o Vitamina D
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Calciferolo o Vitamina D Vitamina liposolubile, il cui assorbimento viene
mediato dai lipidi e avviene nell’intestino in presenza di bile Il termine è
generico e si riferisce ad alcuni composti (vitamina D1, D2, D3, D4 e D5) che
chimicamente appartengono al gruppo degli steroidi e derivano da un precursore
organico detto ergosterolo. Il termine calciferolo definisce propriamente la
vitamina D2, impiegata anche a scopo terapeutico; un tempo la denominazione di
vitamina D si riferiva invece alla vitamina D3, sintetizzata a partire dall’olio
di fegato di pesce.
FUNZIONE NELL’ORGANISMO
Nell’organismo, la vitamina D regola l’omeostasi del calcio e del fosforo e
favorisce i processi di mineralizzazione delle ossa. La sua carenza conduce
dunque a una decalcificazione per diminuita concentrazione di minerali nel
tessuto osseo e, nei casi più gravi, al rachitismo; inoltre, può provocare
spasmi patologici della muscolatura (tetania).
FONTI ALIMENTARI
La vitamina D viene fornita da alcuni alimenti, quali olio di fegato di pesce,
pesce di mare come sardine, aringhe, salmone; in piccole quantità, si trova
anche nel tuorlo d’uovo, nella carne, nel latte e nel burro. Contrariamente alle
altre vitamine, questo apporto risulta secondario a quello che deriva da un
processo fotochimico che si verifica a livello cutaneo. L’esposizione al sole,
infatti, attiva una reazione che determina la conversione di un composto
presente nella pelle e derivante dal colesterolo in calciferolo, ovvero nella
forma attiva della vitamina.
Da non dimenticare che la vitamina D è un gruppo di pro-ormoni liposolubili; il
Gruppo si presenta sotto due forme principali dall'attività biologica molto
simile: il colecalciferolo (D3), derivante dal colesterolo e sintetizzato negli
organismi animali, e l'ergocalciferolo (D2), di provenienza vegetale (ergosterolo).
Indice
Storia
La storia della scoperta della vitamina D parte nel 1919 quando venne
evidenziato, da Huldschinsky, che bambini affetti da rachitismo guarivano se
esposti alla luce ultravioletta. Un risultato simile lo si ottenne nel 1922 da
A.F. Hess e H.B. Gutman usando, però, la luce solare e nello stesso periodo
venne ipotizzata da Mc Collum l’esistenza di un composto liposolubile essenziale
per il metabolismo delle ossa, studiando l’azione antirachitica dell’olio di
fegato di pesce dal quale riuscì ad identificare una componente attiva. Già nel
1919-1920 Sir Edward Mellanby era pervenuto ad un’ipotesi simile studiando cani
cresciuti sempre al chiuso. Nel 1923 Goldblatt e Soames riuscirono a dimostrare
che quando il 7-deidrocolesterolo, presente nella pelle, viene colpito dai raggi
ultravioletti esso dà origine ad un composto avente la stessa attività biologica
del composto lipofilo di Mc Collum. La struttura della vitamina D venne
identificata nel 1930 da A. Windaus.
Chimica
Gli studi strutturali hanno permesso di identificare le due forme della vitamina
D e che l'ergocalciferolo viene formato quando i raggi ultravioletti colpiscono
la sua forma provitaminica di origine vegetale, l'ergosterolo, mentre il
colecalciferolo si produce, come detto precedentemente, dall'irradiazione del
7-deidrocolesterolo.
L'assorbimento della vitamina D segue gli analoghi processi cui le altre
vitamine liposolubili sono sottoposte. Essa, infatti, viene inglobata nelle
micelle formate dall'incontro dei lipidi idrolizzati con la bile, entra
nell'epitelio intestinale dove viene incorporato nei chilomicroni i quali
entrano nella circolazione linfatica. In vari tessuti il colecalciferolo subisce
una reazione di idrossilazione con formazione di 25-idrossicolecalciferolo
[25(OH)D] il quale passa nella circolazione generale e si lega ad una proteina
trasportatrice specifica (vitamin D binding protein, DBP). Arrivato nel rene, il
25 (OH)D può subire due diverse reazioni di idrossilazione, catalizate da
differenti idrossilasi (la 1-idrossilasi e la 24-idrossilasi), che danno
origine, rispettivamente, all'1,25-diidrossicolecalciferolo [1,25(OH)D] (calcitriolo),
la componente attiva, ed al 24,25-diidrossicolecalciferolo [24,25(OH)D], una
forma inattiva. A livello della cute si forma l’altra forma attiva della
vitamina D, l'ergocalciferolo, tramite trasformazione dell’ergosterolo. I raggi
ultravioletti favoriscono la conversione del 7-deidrocolesterolo che può dare
origine al colecalciferolo ma anche a due prodotti inattivi: il lumisterolo ed
il tachisterolo.
La quantità di D3 e D2 prodotti dipende dalle radiazioni ultraviolette (sono più
efficaci quelle comprese tra 290 e 315 nm), dalla superficie cutanea esposta,
dal suo spessore e pigmentazione e dalla durata della permanenza alla luce.
Nei mesi estivi la sovrapproduzione di vitamina D ne consente l’accumulo, così
che la si possa avere a disposizione anche durante il periodo invernale.
La vitamina D favorisce il riassorbimento di calcio a livello renale,
l'assorbimento intestinale di fosforo e calcio ed i processi di mineralizzazione
dell’osso ed anche di differenziazione di alcune linee cellulari e in alcune
funzioni neuromuscolari (anche se questi due ultimi punti devono ancora essere
chiariti). Il funzionamento dell' 1,25(OH)D è alquanto anomalo per una vitamina
in quanto agisce secondo le caratteristiche proprie degli ormoni steroidei:
entra nella cellula e si va a legare ad un recettore nucleare che va a stimolare
la produzione di varie proteine, specie trasportatori del calcio.
La regolazione dei livelli di calcio e fosforo nell’organismo avviene insieme
all’azione di due importanti ormoni: la calcitonina ed il paratormone. La
calcitonina ha azioni opposte a quelle della vitamina D, favorendo
l’eliminazione urinaria e la deposizione di calcio nelle ossa. Ciò si traduce in
una diminuzione dei livelli plasmatici di calcio. Il paratormone, invece,
inibisce il riassorbimento renale dei fosfati, aumenta quello del calcio e
stimola il rene a produrre 24,25(OH)D. A livello dell'osso, esso promuove il
rilascio di calcio.
La produzione di questi ormoni e di vitamina D è strettamente dipendente dalla
concentrazione plasmatica di calcio: una condizione di ipocalcemia stimola la
produzione di paratormone e di 24,25(OH)D. Un aumento del calcio plasmatico,
invece, favorisce la sintesi di calcitonina.
Il delicato equilibrio che si viene a creare determina una buona regolazione dei
processi di mineralizzazione.
Sembra, infine, che la vitamina D possa promuovere la differenziazione dei
cheratinociti dell’epidermide e degli osteoclasti ossei e, forse, detiene anche
un’azione antiproliferativa.
Forme
Queste le forme principali che costituiscono il gruppo vitaminico D:
* vitamina D1 : composto costituito in parti 1:1 di ergocalciferolo e
lumisterolo
* vitamina D2 : calciferolo
* vitamina D3 : colecalciferolo
* vitamina D4 : diidroergocalciferolo
* vitamina D5 : sitocalciferolo
Fonti alimentari
Pochi alimenti contengono quantità apprezzabili di vitamina D. Un alimento
particolarmente ricco è l’olio di fegato di merluzzo. Seguono, poi, i pesci
grassi (come il salmoni e le aringhe), il latte ed i suoi derivati, le uova, il
fegato e le verdure verdi.
Carenza
Le prime alterazioni, in caso di deficienza di vitamina D, consistono in:
diminuzione dei livelli sierici di calcio e fosforo con conseguente
iperparatiroidismo secondario ed aumento della concentrazione di fosfatasi
alcalina.
Successivamente si hanno alterazione dei processi di mineralizzazione con
rachitismo (nel bambino) ed osteomalacia (nell’adulto) e debolezza muscolare,
deformazione ossea e dolori. Alcuni Studi del 2006 hanno portato alla luce come
la carenza di vitamina D possa essere collegata con la sindrome influenzale.
Livelli di assunzione e tossicità
I livelli di assunzione non sono perfettamente noti. Il problema consiste nel
fatto che in condizioni normali l’esposizione alla luce solare è sufficiente a
garantire livelli di vitamina D accettabili. Il problema nasce in individui che
non si espongono alla luce o che presentano richieste maggiorate di vitamina.
Generalmente gli adulti, per le ragioni di cui sopra, non hanno bisogno di
assumere vitamina D, a meno che debbano restare sempre al chiuso, purché
mantengano un buon introito di calcio o fosfato. In caso di necessità a causa di
una sintesi endogena vitaminica ridotta, si può ricorrere all'assunzione
giornaliera di 10 μg/die.
Nei neonati l'apporto non dovrebbe essere inferiore a 10 μg/die. Nei bambini di
età compresa tra 1 e 3 anni dovrebbe essere introdotto lo stesso quantitativo,
nel caso in cui non possano venir messi alla luce per un tempo adeguato.
Nei bambini più grandi e negli adolescenti l'esposizione alla luce permette di
avere livelli vitaminici adeguati. Nel caso in cui non sia possibile stare alla
luce, si possono usare quantitativi di vitamina compresa tra 10 e 15 μg/die, in
quanto il loro metabolismo osseo è aumentato.
Durante la gravidanza e l'allattamento le richieste di vitamina D aumentano per
far fronte alla maturazione dello scheletro del feto e del neonato. Generalmente
l’esposizione alla luce dovrebbe mantenere dei livelli adeguati, ma nei mesi
invernali questo non è possibile e si possono verificare stati carenziali sia
per la mamma che per il piccino per cui si consiglia di assumere 10 μg/die di
vitamina.
Gli anziani tendono a stare meno alla luce e la loro sintesi endogena di
vitamina diminuisce per cui si può ricorrere ad una supplementazione di 10 μg/die.
In caso di prolungata assunzione di vitamina, superiore a 250-1250 μg/die si
possono verificare fenomeni di tossicità acuta o cronica con comparsa di nausea,
diarrea, ipercalciuria, ipercalcemia, poliuria, calcificazione dei tessuti
molli. Generalmente ciò avviene allorché i livelli circolanti di vitamina D
superano i 100 ng/ml. Per evitare ciò, è consigliabile non superare
un’assunzione giornaliera di 50 μg/die.
Sviluppi recenti
Degli studi recenti hanno suggerito che la vitamina D potrebbe avere un ruolo
nella regolazione della risposta immunitaria di tipo innato contro gli agenti
microbici. Da esperimenti in vitro si è evidenziato come l'1,25(OH)D possa
stimolare la produzione di catelicidina umana (human cathelicidin antimicrobial
peptide, CAMP), un peptide con azione antimicrobica, in differenti culture
cellulari. L'espressione genica della catelicidina sembra essere regolata da un
promotore del gene CAMP contenente un elemento rispondente alla vitamina D (vitamin
D response element, VDRE) cui si va a legare il recettore per la vitamina D.
Secondo Wang e colleghi, l'1,25(OH)D è in grado di stimolare la produzione di
altri peptidi antimicrobici: la defensina β di tipo 2 (defensin β2, defβ2) la
lipocalina associata alla gelatinasi neutrofila (neutophil gelatinase-associated
lipocalin, ngal).
Simili dati permettono di dare un sostegno, almeno iniziale, allo studio di
Cannel e colleghi i quali, riprendendo un'ipotesi già sostenuta di Edgar
Hoper-Simpson nel 1981, sostengono che i picchi invernali di sindrome
influenzale potrebbero essere dovuti ad una carenza di vitamina D a seguito
d'una minor esposizione alla luce solare.
L' 8 giugno 2007 sulla rivista americana "American Journal of Clinical Nutrition"
sono stati pubblicati i risultati di una ricerca condotta da Joan Lappe,
professore di medicina nella Creighton University, secondo la quale l'assunzione
di vitamina D (1100 UI/die) e calcio (1400-1500 mg/die) da parte di donne in
menopausa ha determinato una diminuzione statisticamente significativa del
rischio d'insorgenza di carcinomi.
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